Monteroduni il sito di Guado S. Nicola...
L'INSEDIAMENTO PALEOLITICO DI GUADO S. NICOLA
Presentazione dei risultati delle attività di ricerca
Nel 1978 il Molise, ed in particolare la Provincia di Isernia, entra in una dimensione del tutto nuova per la sua storia più antica, il Paleolitico.
La scoperta dell'accampamento de La Pineta di Isernia accende i riflettori sul primo popolamento umano del continente europeo, contribuendo ad anticiparne la data di diffusione e a definirne le modalità insediative, le strategie di sussistenza, gli antichi ambienti naturali e la stessa organizzazione sociale, più complessa e articolata di quanto si potesse fino allora immaginare. E' un chiarore talmente fulmineo da indurre la prestigiosa rivista Nature ad una sua consacrazione dedicando la copertina al sito paleolitico. Il Molise esce così dal limbo, da quell'assenza di ritrovamenti preistorici così atipico da far supporre agli studiosi che l'intero territorio non fosse adatto agli insediamenti umani in epoche tanto antiche.
Non si tratta tuttavia di una mera testimonianza fisica, una sorta di totem autodefinito e auto referenziato. La sensibilità, infatti, degli organismi preposti alla ricerca, salvaguardia e valorizzazione (locali, nazionali e internazionali) contribuisce allo sviluppo di una rete di relazioni che incide positivamente sull'opinione pubblica, in grado ora di acquisire consapevolezza del proprio passato più antico e di prestare maggiore attenzione a questo settore d'indagine.
Ed è per questi motivi che dai primi anni '80 inizia un lungo processo di conoscenza, che oggi investe tutto il territorio della Provincia di Isernia; un impulso che si deve non solo agli appassionati che hanno individuato nuovi siti, talvolta in deposizione primaria e più spesso di superficie, ma anche alle attività di alta formazione svoltesi nel contesto dello scavo de La Pineta, che hanno consentito e tuttora consentono la formazione di giovani specialisti, soprattutto molisani, in un ambito francamente internazionale, inteso come capacità di confronto e di trasferimento di competenze ai più alti livelli.
Segnalazioni, prospezioni e sopralluoghi di specifiche verifiche stratigrafiche, sondaggi preliminari e scavi sistematici costituiscono in tutti questi anni un'attività pressoché continua di monitoraggio del territorio. Un libro edito nel 2006 (C. Peretto, A. Minelli: Preistoria in Molise, gli insediamenti del territorio di Isernia, ARACNE editrice, 2006, pp. 393) racconta e descrive tutti questi nuovi ritrovamenti.
In questo contesto, in un continuo quanto positivo divenire, si colloca lo scavo e la valorizzazione del giacimento di Guado S. Nicola di Monteroduni, segnalato dalla stessa proprietaria del terreno, la Signora Concetta Leone .
L'età del giacimento risale a 2-300 mila anni fa. Ha restituito un numero elevato di resti faunistici e litici contenuti in una serie stratigrafica caratterizzata da depositi vulcanici e fluviali. I dati finora raccolti permettono già di trarre le seguenti considerazioni:
- l'ambiente naturale era contrassegnato da ampi spazi aperti solcati dall'antico percorso del Volturno lungo il quale la vegetazione arborea era particolarmente fitta;
- numerose erano le mandrie di cavalli pur non mancando bovidi, elefanti, rinoceronti, cinghiali e cervi;
- tra i reperti litici, molto frequenti sono i bifacciali, talvolta su calcare, (a tutt'oggi il numero ammonta a circa 200 esemplari) spesso di ottima fattura e di forma e dimensione variabili;
- numerose sono le schegge in selce, talvolta riprese da ritocchi e regolarizzazioni successive;
- abbondanti sono i frammenti di palco di cervo, intenzionalmente raccolti dall'uomo preistorico e trasportati nell'accampamento; sono stati utilizzati in alcuni casi come percussori per la lavorazione della selce e per la fabbricazione dei bifacciali; è la prima volta che questa attività viene documentata in modo così chiaro e convincente;
- le superfici ossee degli animali cacciati conservano strie di macellazione dovute all'azione di taglio con strumenti litici per il recupero della carne ed è documentata la loro fratturazione intenzionale per l'estrazione del midollo a fini alimentari.
Il sito di Guado S. Nicola è interessante non solo per i materiali preistorici rinvenuti, ma anche per le sue caratteristiche geologiche. In particolare la presenza di specifiche rocce eruttive di composizione silico-carbonatitica rappresentano un punto chiave per la comprensione del magmatismo quaternario dell'Italia centrale e per la ricostruzione dei processi geodinamici dell'area mediterranea. Per questo motivo l'area interessata dai ritrovamenti rientra nell'ambito della definizione di GEOSITO, un'ulteriore valenza a carattere culturale che rafforza ulteriormente la necessità di una corretta valorizzazione.
In conclusione, di questa breve presentazione è possibile affermare che il giacimento di Guado San Nicola contribuisce in modo significativo alla comprensione della storia del popolamento del territorio molisano, soprattutto per la fase che vede la diffusione in tutto il mondo dei complessi a bifacciali (Acheuleano). Esso apporta un contributo determinante per il settore centro-meridionale della penisola italiana, nel contesto comunque più ampio dell'intero sistema mediterraneo.
L'alta concentrazione di bifacciali rinvenuti a San Nicola contribuirà, inoltre, in modo decisivo alla comprensione delle modalità di fabbricazione e di utilizzo, una questione quest'ultima ancora irrisolta in ambito scientifico. Di questo strumento dalla forma ovalare appuntita, simbolo ricorrente nel nostro immaginario collettivo del Paleolitico inferiore, si sa molto sulla sua diffusione in ogni dove del Vecchio Continente, ma nulla sulle modalità d'impiego.
Il sito di Guado S. Nicola è interessante non solo per i materiali preistorici rinvenuti, ma anche per le sue caratteristiche geologiche. In particolare, come ha illustrato la professoressa Carmela Vaccaro, la presenza di specifiche rocce eruttive di composizione silico-carbonatitica rappresentano un punto chiave per la comprensione del magmatismo quaternario dell’Italia centrale e per la ricostruzione dei processi geodinamici dell’area mediterranea.
Notizie utili
Lo scavo è diretto dal Prof. Carlo Peretto dell'Università degli Studi di Ferrara (concessione Ministero per i Beni e le Attività Culturali) Il gruppo di ricerca interdisciplinare è attualmente così composto:
1. Benedetto Sala, Carmela Vaccaro, Ursula Thun Hohenstein, Marta Arzarello, Cecilia Buonsanto, Giuseppe Lembo, Elena Marocchino, Brunella Muttillo, Maria Angela Rufo; Università degli Studi di Ferrara; tecniche di scavo, stratigrafia, petrografia, geochimica, vulcanologia, paleontologia dei vertebrati, archeozoologia, tecnologia e tipologia litica, informatizzazione delle archeosuperfici e dei reperti (GIS);
2. Antonella Minelli, Marco Giannantonio; Università degli Studi del Molise; metodologia di scavo e tecnologia e tipologia litica;
3. Annarosa Di Nucci, Centro Europeo di Ricerche Preistoriche; paleontologia dei vertebrati e archeozoologia;
4. Mauro Coltorti, Pierluigi Pieruccini; Università degli Studi di Siena; stratigrafia, geomorfologia, pedologia;
5. Jean_Jacques Bahain, Quinfeng, Vincent Lebreton, Museé Nationalle d'Histoire Naturelle di Parigi; palinologia e datazioni radiometriche
Per ulteriori informazioni:
Prof. Carlo Peretto, carlo.peretto@unife.it, cell. 329-3191650;
Dott. Giuseppe Lembo e Dott.ssa Annarosa Di Nucci dopo le 16.30 tel e fax: 0865-413526
Scarica Locandina
Un vulcano nel territorio di Monteroduni. Lo aveva intuito nel 1882 Francesco Scioli. Lo hanno confermato i moderni scienziati coordinati dal prof. Carlo Peretto dell’Università di Ferrara
Il 15 febbraio 1882 il canonico Francesco Scioli di Monteroduni, Socio Corrispondente dell’Imperiale Collegio Germanico di Berlino, Roma, Atene, ecc.,
inviava al Museo Sannitico e al Municipio di Monteroduni una serie di tavole con la sintesi delle sue considerazioni sul territorio del suo paese.
Ho avuto la fortuna di fotocopiarle qualche decina di anni fa nell’Archivio domestico della famiglia D’Apollonio di Isernia e di trascriverne il testo per renderlo noto.
Tra le altre cose Francesco Scioli, nella tavola n. 1, che qui riproduco, scrive:
La presenza de’ due vulcani segnati è provata dalle sorgenti di acqua minerali, ferrate e solfuree nelle sottostanti valli, e della natura vulcanica de’ monti. Non v’è però traccia di crateri.
schema grafico n. 1
Dedicato al Museo Sannitico e Municipio di Monteroduni
Shema grafico – Età della Pietra e del Bronzo
Segni: Tombe con istrumenti ed armi dell’Età della Pietra e del Bronzo
Scoverta del lignite e località
Località dubbie
Stazioni e Villaggi lacustri
Istoria
Nel presente Schema non ci occuperemo di dati geologici. Nella ricerca intorno la origine dell’Uomo secondo Archeologia Paletnologica ed Etnografica, per determinare la unità d’origine e d’immigrazione de’ popoli, si distinguono le varie fasi dell’Umanità, nel giro di tante migliaia di secoli, col nome di Epoche od Età:
1° dell’Uomo della caverna
2° della Renna
3° dell’Orso grande (in cui l’uomo si servia per armi degli stinchi e delle mascelle della renna e del Grand’Orso sparsi per l’Europa e per tutto il mondo)
4° della Pietra scheggiata e indi levigata
5° del Bronzo
6° del Ferro – L’Era Moderna è tuttora età del ferro, che à assunto proporzioni sublimi, mercé l’Elettrico e il Vapore.
Il nostro Sannio si fa popolato da “ver sacrum” degli antichi Sabini; e pria de’ Sanniti era abitato dagli Aborigeni (Pelasgi) e dsagli Oschi.
E prima di essi quali altri popoli l’abitavano? Donde vennero? Qual era il grado della loro civiltà?
I Popoli d’Europa àn subito tutti le stesse fasi di lenta e progressiva evoluzione dalla gelida Siberia, alle isole Brittaniche, che prime sorsero dalle onde sconvolte degli Oceani, e alle caverne del Belgio e della Danimarca.
Offriamo anco noi il nostro tributo alla Scienza che si studia sorprendere l’umanità nella sua culla; indaghiamo questo anello, che unisce il Sannita, il fiero emulo del Popolo Romano , al suo progenitore, all’Uomo delle Caverna, forse da’ lunghi denti canini, all’Uomo della Pietra e del Bronzo.
In questo studio vi è l’Umanità, che uscita dallo spiracolo di Dio per lo infinito mar degli esseri, a Dio stesso santificata, per gli stenti della vita, ritorna e s’acqueta.
I piccoli dati sono documenti per compilare il presente schema.
Noi gli offriamo al Patrio Museo; e possa il nostro esempio svegliare una vera gara per lo studio della comune amatissima Patria.
I piccoli dati che ci àn fatto dedurre l’Età della Pietra e del Bronzo come al presente schema, erano
1° – una punta di lancia di selce scheggiata;
2° un ½ pugnale pure di selce trovati a fianco a uno scheletro nella contrada Soccia;
3° – una punta di freccia da caccia (di selce) e un campione di lignite trovato nella Pinciera sulla Lorda.
a. Monumento megalitico di enormi macigni senza malte, degli Aborigeni, o Pelasgi. Era un campo guerriero. Pare che un altro n’esista sopra un monte di Chiauci, in mandamento di Carovilli.
b. L’età della Pietra è provata dalla flora e dalla fauna corrispondente. Sulle sponde del fiume Cavaliere fu trovato un corno di Cervus Giganteus, proprio del periodo mio-pliocenico o sub-appenninico. Tal razza ultima si estinse in Irlanda, ove si trova tra le torbiere.
c. In questi luoghi si sono trovati scheletri con armi litiche come pugnali e punte di lancia. Nell’agro di Venafro e di S. Agapito si sono pure avute simili scoperte. La lor presenza prova de costumi di quegli uomini nel formare villaggi lacustri in mezzo a laghi mediante palafitte ricolme di pietre per salvarsi dagli assalti di feroci grandi animali.
c. bis – Il gran lago della Rocchetta a pie’ delle Mainardi è descritto dal chiaro geologo Leopoldo pilla. Nell’epoca glaciale pel disgelo delle ghiacciaie o per nuovo cataclisma rompendosi le morene e le dighe di tal lago, la grande alluvione produsse il Volturno e il livellamento del lago di Venafro. Gli altri laghi rifluirono nel Volturno pe’ rispettivi fiumicelli.
d. e. – Tombe con armi e utensili dell’età del Bronzo.
f. – Sulle sponde della Lorda a molta profondità e tra diversi strati si è trovato del lignite, di cui si offre un campione.
g. - Veggasi lettera c.
i. – Esiste in questo punto un profondo spanamento e precipizio; ove le anfrattuosità e stratificazione delle sponde indicano la primitiva continuità del monte spaccato. In taluni punti la roccia tutta d’enorme macigno è profonda oltre 100 metri. Il volume delle acque torrenziali ed alluvionale necessario a tal fenomeno à dovuto essere enorme, come lo indicano gli enormi macigni arrotondati, lasciati sulla sommità delle sponde alte ben oltre 50 metri sul letto del torrente dissiccato. Opino che altro lago dovette un tempo esistere su que’ monti ad est.
l. l. – La presenza de’ due vulcani segnati è provata dalle sorgenti di acqua minerali, ferrate e solfuree nelle sottostanti valli, e della natura vulcanica de’ monti. Non v’è però traccia di crateri.
m. Veggasi c.
Il letto e corso del Volturno, che sorse dalla irruzione del lago di Rocchetta, non è qui segnato. Il Volturno col suo ruinoso allagamento segnò la cessazione dell’età della Pietra e del Bronzo dopo l’epoca glaciale. Allora i popoli, estinta la gigantesca fauna, fuggirono sulle cime de’ monti per difendersi e agguerrirsi contro le colonie Fenici e Greche.
Allora cominciò la incerta alba della storia.
Uno studio accurato geologico, paleontologico ed etnografico pel confronto della fisiologia e craniscopia umana possa davvero sorgere per dirci quel che fummo, per confortarci in quel che siamo, e per le speranze di quel che saremo.
Monteroduni 15 febbraio 1882.
per Info: Arch. Franco Valentae www.francovalente.it E-mail: franco@francovalente.it