CAMMINI...
A CURA DI GEA (Gruppo Escursionisti dell'Ariola)
Cammino al Monte Caruso
Il Cammino al Monte Caruso è un filo che lega il cuore di Monteroduni al suo luogo più elevato: la montagna che lo veglia lì dall’alto, ferma e serena. Percorrerlo è come fare un pellegrinaggio attraverso la stretta e verde valle che separa la nostra Montagna, il Monte Caruso, dal complesso di Colle Mannone. Un pellegrinaggio che rinsalda un legame ancestrale con un ambiente che a poco a poco si svela nei dettagli durante la lenta risalita, e così ha il giusto tempo di ritrovare il suo posto negli scaffali della mente e del cuore.
Il Cammino ha inizio dal punto di arrivo di tutte le strade che portano a Monteroduni, il quadrivio della Forcella, dove prende la strada del Cappellone e scende per via Fontana.
Il nome di questa strada già preannuncia il tema conduttore dell’ascensione: le Fontane dei Condotti, cioè le tante sorgenti carsiche che si incontreranno durante il percorso nella valle del torrente Ravicella. Cosicché il Camino, invece di prendere la strada più breve, quella che passa a monte del Cimitero e porterebbe subito alla contrada Condotti, continua la discesa della via fino ad arrivare alla prima fontana della Valle, la più bella di Monteroduni, che si trova più in basso dello stesso Cimitero poco dopo il ponticello sul Ravicella: la Fontana di Santa Lucia.
La Fontana di Santa Lucia
La Fontana dei Condotti
La scifa della Fontana dei Condotti
Vale la pena fare questa piccola deviazione perché l'antica Fontana di S. Lucia per la sua posizione, rilevanza storica e modalità costruttiva ha un particolare fascino. È posta lungo l’antica strada che, transitando per la contrada Castagnete, porta a Monteroduni. Ha una struttura in pietra, semplice, senza fronzoli di inutile abbellimento; sembra quasi una cappelletta votiva che custodisce le tre cannelle da cui sgorga l’acqua che per chissà quanti secoli ha dissetato i monterodunesi. Per la precisione, l’acqua è raccolta in un bottino interrato addossato alla muratura, ed è lì convogliata da almeno tre condotti in laterizio che hanno origine nella parte più a monte del colle (forse per questo motivo il pendio del colle è chiamato “Condotti”). Altre due cannelle, alimentate dal troppo pieno della cisterna, si trovano a lato della fontana e sversano nella vasca esterna (in dialetto lontre) usata per abbeverare gli animali. Nel fronte anteriore c’è una "finestrella" che consente l’accesso alla parte interrata per le necessarie operazioni di pulizia, operazioni che nel passato venivano fatte con regolarità. Oggi l'acqua esce solo dalle due cannelle laterali alimentate dal troppo pieno e non anche dalle tre frontali alimentate direttamente dalla cisterna, perché questa è ormai colma del materiale terroso lì sedimentato e ha bisogno di essere ripulita. Anche l'arco di imposta è crollato (o sottratto) e, se non si interviene, presto crollerà tutta la copertura.
Il Cammino inizia, allora, la risalita vera e propria della Valle del Ravicella dalla Fontana di Santa Lucia imboccando il sentiero che porta alla parte alta del Vallone dell’Ospedale. Presto lascia questo sentiero per svoltare a sinistra su una pista forestale che segue fino a incontre l’acqua di un piccolo canale. Quindi abbandona anche la pista e, seguendo il corso dell'acqua che scende nel bosco, dopo poche decine di metri arriva alla Sorgente delle Castagnelle.
La Sorgente delle Castagnelle
Dalla Sorgente delle Castagnelle, una modesta risorgiva nascosta nel lembo più a valle dell’ampio bosco che ammanta tutta la Valle, parte uno degli antichi condotti (oggi divelto dall’uomo) di alimentazione, come si è detto, della sottostante Fontana di Santa Lucia.
Il Cammino continua la risalita nel bosco per raggiungere, quindi, la mulattiera che sale dalla Ravicella e seguirla nel verso della discesa. Durante il percorso, preannunciata dallo scrocio del getto d’acqua in una semplice scifa (vasca in pietra monolitica) adagiata sul terreno, compare all’improvviso la terza sorgente, quella chiamata “dei Condotti”. Il getto fuoriesce abbondante da una pietra e (probabilmente) viene alimentato da un condotto interrato che ha origine da una qualche cisterna posta più a monte.
Il Cammino prosegue nella discesa della mulattiera per arrivare, ora, al Ravicella nella località chiamata Rava all’Ammonte, in coincidenza della pista forestale che risale la Valle.
La Valle della Ravicella dalla “Rava all’Ammonte” con Monte Caruso sullo sfondo. Fra la vegetazione, è visibile la pista forestale che segue il Cammino e poi porta a Monte Piano (il colle in primo piano a destra)
Raggiunta la Rava all’Ammonte si entra nel “cuore” della stessa Valle, che si offre in una visione totalizzante. Il camminatore si immerge in una porzione di territorio con la chiara sensazione di trovarsi in un luogo dove davvero, come scrive Henry Thoreau, «può assaggiare la vita nei suoi termini più semplici e più veri».
Anche se diversi sono i segni qui lasciati dall’uomo nel corso dei secoli, comunque questi non incidono sulla natura in modo negativo, anzi sono diventati parte integrante del sistema ambientale. Tutti i manufatti presenti, peraltro oggi diruti e quasi completamente nascosti dalla fitta vegetazione, come i muretti in pietra a secco che delimitano una mulattiera pubblica, o recintano un cammandre per gli ovini, o definiscono una proprietà, ma anche le piccole costruzioni per il ricovero delle persone (caselle), o le arie per la trebbiatura dei cereali, o la stessa pista forestale, appartengono, e sono ormai parte costitutiva, di una sorta di “museo all’aperto” che conserva ancora i resti del sapiente uso fatto nei secoli scorsi delle preziose risorse presenti – acqua, boschi, pascoli – e, dunque, custodisce una parte importante della memoria della comunità. Così, nella “visita”, oltre ad avere il contatto diretto con un ambiente ancestrale sempre sorprendente, si riscopre e rafforza il legame con i valori primordiali di questa stessa comunità.
Antico muro alla Rava all'Ammonte che limita e protegge l'antica mulattiera per Longano
Sorprendenti muschio a stelline e lichene argentato
Appena iniziata la risalita lungo la pista forestale, il Cammino passa all’altezza della “Cunerella”, facilmente raggiungibile con una deviazione di poche decine di metri.
La cascatella della Cunerella, luogo di bagni estivi per i bambini
La Cunerella è una caratteristica piccola “marmitta del gigante” che, nel 2015, è stata ripulita dal materiale terroso che vi si era accumulato e dagli
arbusti che impedivano di raggiungerla. I bambini hanno così potuto ritornare lì a fare il bagno.
L’ottima Acqua della Ficura, a dispetto del nome, sgorga da una risorgiva posta ai piedi di un castagno.
Non è difficile scorgere, nei mesi invernali, la Salamandrina dagli occhiali (Salamandrina tergiditata), un innocuo piccolo anfibio che nelle fredde e ben ossigenate acque del Ravicella trova il suo habitat ideale. La Salamandrina si riconosce subito per la tipica macchia di colore chiaro che va da un occhio all’altro. La sua presenza qui si perde nella notte dei tempi ed è oggi un indicatore dell’elevata qualità dell’ambiente.
Dopo la sosta alla Ficura per dissetarsi e restare rapiti dall’armonia del quadro disegnato dalle acque che si sversano fra le pietre e scorrono su tappeti di muschi, il Cammino riprende a risalire seguendo sempre la stessa pista forestale che si sviluppa a ridosso del torrente. Il camminatore è ora accompagnato dal baldanzoso scrosciare del Ravicella, un torrente che ha il vezzo di scomparire in una fessura e riappare poco più avanti. Chissà quante storie potrebbero raccontare le acque che prima di affiorare in superficie a formare ammalianti cascatelle hanno attraversato anfratti e forse anche grotte sconosciute.
Carsismo nel Vallone del Ravicella
Alcune suggestive cascatelle invernale del Ravivella incastonate in angoli incantati
Il Cammino prosegue ancora lungo la pista forestale fino alla svolta nel vallone, dove incrocia la traccia dell’antica mulattiera per Longano e l’Acqua Bona. Segue quindi questa mulattiera che risale il denso bosco in cui predomina il carpino bianco – la legna del carpino bianco era ricercata per riscaldare i forni per la cottura del pane – insieme a leccio, farnia, orniello e qualche olmo. Intanto il torrente, che fa sentire la sua presenza, è quasi nascosto, solitario, lì in fondo al vallone, a scorrere e saltare fra le grandi pietre ricoperte di odorosi muschi.
L’antica mulattiera per Longano
All’improvviso incrocia un rigagnolo d’acqua. Lo segue per arrivare, dopo poche decine di metri, alla risorgiva carsica che alimenta la Fontana di Monte.
La risorgiva della Fontana di Monte
L'antica Fontana di Monte si incontra circa venti metri prima della risorgiva. Si chiama così, forse, perchè è la più alta in quota nella Valle del Ravicella. Oggi si può solo immaginare la sua esatta forma, dato che di essa sono ancora visibili la pietra con il foro da cui fuoriesce l'acqua e, addossata a questa pietra, la traccia del lontre nel quale si sono abbeverati, per chissà quanti secoli gli asini e i muli diretti a Longano, o le capre portate al pascolo lungo le soprastanti pendici.
Chissà se un giorno verrà mai ricostruita, o è invece destinata al definitivo oblìo? Però, è certo, che quel rigagnolo continuerà a scorrere e a incrociare li il Cammino.
Fontana di Monte
La Fontana di Monte e la traccia dell'antico "lontre"
Dopo la Fontana di Monte, il Cammino ritorna sulla mulattiera per sbucare sulla strada provinciale Monteroduni – Vallelunga, che percorre per duecento metri circa fino al bivio per Longano. Durante questo tratto attraversa il Ravicella su un ponticello a monte del quale dovrebbe trovarsi la misteriosa Fontana di Cigliotto. Misteriosa perché di questa presunta fontana non esiste alcuna traccia lungo le scarpate del vallone, e verosimilmente potrebbe corrispondere con la prima scaturigine carsica del Torrente, quella posta più a monte.
Dopo il ponticello un cartello ricorda che si è nella Foresta Demaniale Regionale “Monte Caruso - Monte Gallo”, ricompresa nel più ampio sito della Rete Natura 2000 IT7222287 “La Gallinola - Monte Miletto - Monti del Matese”
Attraversato il ponticello, il Cammino lascia la "valle incantata" del Ravicella svolta lungo la strada provinciale per Longano, la “Strada delle Ginestre”. Da qui inizia la seconda parte del Cammino: l’ascensione al Monte Caruso lungo le Lame, una serie di terrazzi una volta intensamente coltivati.
La “Strada delle Ginestre”, avvolta dal profumatissimo arbusto, che risale la località “Lame”
Il termine “lame” è di derivazione longobarda e significa “condotte d’acqua”. E in questa zona davvero si rinvengono i resti della tubazione in laterizio della condotta risalenti, verosimilmente, all’epoca alto medievale. Inoltre il tracciato del moderno acquedotto che oggi serve il centro abitato di Monteroduni non fa altro che ripercorrere quello dell’antica condotta.
Francesco Scioli, Schema grafico n. 3 - Medio Evo, ritaglio - Resti dell’antica condotta in laterizio presenti in località Lame
Arrivato in corrispondenza della sella che separa le Lame e la soprastante Valle Cortese dalle Fontanelle, dopo essere transitato in prossimità dell’omonimo abbeveratoio, il Cammino lascia la Strada per Longano e imbocca la stradina asfaltata che risale il vallone tra Monte Caruso e Monte Cavuti di Longano (Monte Cavuti è il monte “delle pale eoliche”).
Nell’ultima parte di questa salita il Cammino entra nell’unica faggeta presente a Monteroduni, ricca di prelibati funghi porcini.
Faggeta e arrivo all’affaccio sull’Ariola
Uscito dalla fresca faggeta, il Cammino si affaccia sulla spettacolare vista dell’Ariola di Longano, un lungo pianoro che si estende fino all’Acqua Bona racchiuso fra Monte Cavuti di Longano da una parte, e dall’altra Colle Serrano di Gallo Matese e Colle Urnito di Monteroduni, con lo spoglio e sassoso fianco della Montagna che si porge severo a chiudere lo sfondo.
L’affaccio sull’Ariola di Longano (ma è territorio di Monteroduni), con Colle Serrano a sinistra e Colle Urnito al centro
La Montagna dall’affaccio sull’Ariola di Longano
Continua poi la salita lungo la pista presente sulla scesa della Montagna fino alla selletta che separa i pianori dell’Ariola di Longano dai pianori dell’Ariola di Monteroduni.
Ariola di Monteroduni
La Montagna da Colle Urnito, a sinistra l’Ariola di Monteroduni, a destra l’Ariola di Longano
Qui il Cammino, non prima di aver fatto una breve puntata su Colle Urnito per non perdere la esclusiva vista sulla sottostante piana di Vallelunga e Gallo, lascia la pista per intraprendere l’ascesa finale alla cima della Montagna con un percorso a zig-zag lungo il brullo versante sud.
Ascensione
La risalita è dura, ma una forza occulta spinge a inerpicarsi fra sassi e tappeti di timo. Raggiunta la cima, la più alta di Monteroduni, a quota 1˙128 m, si è subito avvolti dalla profonda serenità che infonde l’apparizione, che nessuna foto potrà far cogliere in pieno, dell’intera piana del Volturno con Monteroduni al centro e il sipario delle imponenti Mainarde sullo sfondo, ma anche, dall’altra parte, delle montagne dell’Alto Molise, di Frosolone, e del Matese interno con il Miletto a dominarle tutte.
Panorama nord - ovest
Panorama sud - est, con Monte Miletto in fondo a sinistra e il Vesuvio a destra
Isolato e in armonia con l’immensa e quieta bellezza che circonda la Montagna, quasi che l’intero ecumene fosse racchiuso sotto quel cielo sconfinato, il camminatore rimane in contemplazione, accettando con gioia e gratitudine il proprio temporaneo piccolo posto nel mondo.
Dalla cima: il Vesuvio e la penisola sorrentina
Il “CAIRN” (pietre impilate a secco) della cima
Dopo aver deposto una pietra sul “cairn” presente sulla cima della Montagna (formato chissà da chi e perché), il Cammino scende lungo il versante ovest, prima attraversando l’abetaia del rimboschimento, che inizia a un centinaio di metri dalla cima, e poi imboccando la pista forestale che scende fino ad una vecchia cava di verdello.
Inizia la discesa dopo aver deposto una pietra sul CAIRN
Qui prende l’altra pista che si sviluppa ai piedi del pendio sud di Colle Lisciaro, e continua la discesa lungo i bordi dei pianori di Vallelonga fino a ritornare sulla Strada Provinciale Monteroduni-Vallelunga.
Il lungo pianoro di Vallelonga. Vista dal lato di monte
La Montagna dal lato di valle del pianoro di Vallelonga
Discesa lungo Colle Lisciaro al tramonto
Raggiunta la Strada Provinciale, il Cammino fa ritorno alla Forcella seguendo la stessa Provinciale fino ad imboccare in discesa, poco prima del ponticello sul Ravicella, la mulattiera di contrada Condotti già seguita in salita.
Dopo questa straordinaria esperienza, il camminatore porta con sé un tesoro, e la consapevolezza che il contatto diretto coi luoghi raggiunti ha indotto a posare lo sguardo e la mente su tutto ciò che altrimenti sarebbe restato troppo lontano, riscattando così un pezzetto di vita dall’oblìo. Il pellegrinaggio è compiuto, e nulla guarirà la dolce cicatrice lasciata nel cuore.
Il Cammino al Monte Caruso può anche essere diviso in due parti, da percorrere in due giorni diversi. La prima dalla Forcella alla strada provinciale Monteroduni – Vallelunga, e la seconda dal bivio della strada provinciale per Longano alla cima.
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